Finalmente Ozpetek è riuscito a dar vita al proprio microcosmo immaginario, ha appuntato un meccanismo di fraintendimenti e linearità oliato fino all’ultimo, ha persino imparato a costruire le ellissi e fare cinema muto, come nelle eccezionali sequenze dei flashback onirici con Carolina Crescentini. Ozpetek per la prima volta gira un film in Puglia, abbandona Roma, città che gli stava stretta, che solo adesso, dopo questo magnifico film appare impropria per il suo cinema cosìsanguigno e vitale, si libera di quegli accenti di pesante sentimentalismo che davano al suo film un’aria da piagnisteo generale, come in La finestra di fronte e Saturno contro, e si libera anche di quei sospetti di pretestuosità, come ad esempio in Cuore sacro dove fece addirittura una specie di remake di Europa ’51 di Rossellini.
Soprattutto, stavolta il regista azzecca tutto il cast. In Mine Vaganti tutti gli attori sono al loro posto, con alcune vette: Elena Sofia Ricci, mai vista così in forma, con un personaggio molto su di giri, una zitella alcolizzata fiera di esserlo, padroneggia lo schermo con inusitata nonchalance. Una grande performance da ricordare. Eccezionale Nicole Grimaudo e Carolina Crescentini, molto misurato Scamarcio a cui Ozpetek offre un personaggio sottotono e difficile da interpretare.
Tutti gli altri interpreti sono sorprendentemente divertenti e divertiti. Mine Vaganti un film che non vuole dimostrare niente, mostra che Ozpetek ha capito che nel suo cinema la forma è il contenuto e riesce a descrivere l’entroterra della Puglia come un balletto. Senza prendersi mai sul serio e costruendo con garbo e leggerezza un ottima prova di regia.