Partenza a razzo, ritmo incalzante, una colonna sonora persistente (come in Inception): The Social Network non ha niente a che vedere con le atmosfere rarefatte e addirittura romantiche di Il curioso caso di Benjamin Button, che era un film troppo lungo e involontariamente patinato.
David Fincher nella storia dei creatori di Facebook trova pane per i suoi denti, e gira un film perfetto, quasi odioso, in cui il regista dimostra di detestare i propri personaggi, che assomigliano a degli squali di Wall Street: adolescenti arroganti, furbi, manipolatori vendicativi, manager spietati già a vent’anni.
The Social Network segna anche il ritorno per Fincher alla misoginia, questo è il suo film più misogino dai tempi di Fight Club, ma se possibile Fincher riesce ad eliminare quei difetti di superficialità e discontinuità drammaturgica che facevano di Fight Club un film geniale ma in qualche modo irrisolto, visionario ma pretestuoso. The Social Network ovvia a questi problemi, raccontando con una struttura a flash back (al presente la guerra sui diritti di paternità del sito Facebook, al passato la narrazione della creazione del sito), costruita su un dipanarsi praticamente ininterrotto di campi/contro campi infinito, lungo due ore veramente mozzafiato.
The Social Network è un film ardito e sperimentale, quasi monumentale, intriso di una classicità di modi e toni mai urlati ma sempre consapevolmente presentati attraverso una visione del mondo priva di moralismi e patetismi di sorta.
E’ un tour-de-force privo di qualsiasi furbizia estetica, molto classica, a cui Fincher non aveva mai abituato finora. E’ il suo miglior film dai tempi di Seven, dopo il genialmente teorico ma incompreso Zodiac (per me il suo film migliore).
The Social Network è la prova decisiva per Fincher che determina definitivamente il suo status di autore della New Hollywood corsara. Concorrente agguerrito insieme a Nolan per l’Oscar alla miglior regia per il 2010.