Ridley Scott è un regista di solido mestiere, estremamente coraggioso, soprattutto negli ultimi dieci anni. Opere quali Prometheus, Counselor, Exodus, Sopravvissuto, Tutti i soldi del mondo hanno confermato che nell’era di internet, dei cellulari, dei supereroi e della nuova televisione super impegnata e iperpoliticizzata e pesante più di un macigno (se non sono pesanti Breaking Bad, Fleabag e Il Trono…) riesce a conservare un punto di visto puntuale e lucido sulla Storia e sul mondo odierno.
Con The Last Duel Scott entra nella questione del “Me Too” prendendo un episodio accaduto nella barbarica Francia del XIV secolo, tratto dal romanzo omonimo di Eric Jager. Nell’ultimo duello mai consentito da un Re per questioni private di delinquenza commessi su una donna Marguerite de Carrouges (Jodie Comer), il marito Jean de Carrouges (Matt Damon) e l’accusato Jacques Le Gris (Adam Driver, il nasone che recita con una patata in bocca) si combattono. La ricostruzione storica di Scott non è televisiva. Mai. E’ cinema storico con tutte le sue contraddizioni, dove montaggio e recitazione vanno a creare la sinfonia classica di maschere e ambiguità. Il modo in cui vengono rappresentati i regnanti Pierre d’Alceon e Re Carlo VI è alquanto preoccupante. Ne vengono fuori sagome prime di valore, personaggi infimi e di basso spessore. La monarchia è vista piuttosto male da Scott.
La sindrome del Gladiatore sembra essere passata. Scott non filma più per vincere l’Oscar a tutti i costi. The Last Duel al pari di Exodus è un’opera che cerca la complessità nei dettagli più sconsiderati, adottando un punto di vista moderno. Come quando in Exodus aveva filmato le scene in cui Mosé insegnava agli ebrei come combattere, neanche fosse un addestratore di marines. Scott è regista che non ha timore di riprendere la Storia e rigettarla nel mondo moderno. E’ un film del terzo millennio The Last Duel.