Un meccanico e sua figlia scoprono tra i rottami della loro casa, nella provincia americana, uno strano camion. Questa scoperta fa gola ad un violento ufficiale del governo che ha stretto un patto con degli alieni-macchine. La guerra tra i Transformers sta per ricominciare.
Diretto da: Michael Bay
Genere: fantascienza
Durata: 165'
Con: Mark Wahlberg, Stanley Tucci
Paese: USA, CINA
Anno: 2014
Non è facile assistere alla proiezione di un film di Michael Bay. Se si decide di andare a vedere il suo ultimo film si è perfettamente consapevoli dello spettacolo che ci si può aspettare. Anche se dopo aver visto Transformers 4 L’era dell’estinzione la sua cacofonia audio visiva mi ha insegnato che non si deve bai dubitare dei fattori di pericolo derivanti da un impianto Dolby Digital che manderebbe al manicomio un qualsiasi spettatore non avvezzo alle acrobazie visive del cinema di Bay.
Nel cinema in cui sono andato se si prende un posto molto avanti allo schermo l’audio diventa quasi un tortura ad ogni bordata derivata da un utilizzo del sonoro che definire terroristico forse non è un eufemismo. Ma devo anche ammettere che questo quarto capitolo era anche il primo film sui robot Transformers che sono andato a vedere su grande schermo.
Il cinema di Michael Bay finché non lo si vede in questa maniera non ci si rende conto della portata magniloquente di uno spettacolo totalizzante che non pretende nemmeno l’attenzione di uno spettatore attento, la tranquillità di Bay nello stordirlo con effetti di subliminale impudicizia retorica è una tattica deliberatamente destabilizzante e per alcuni reazionaria. Lettura quest’ultima che sottende una facilità cui non mi voglio rassegnare.
Il cinema di Michael Bay finché non lo si vede in questa maniera non ci si rende conto della portata magniloquente di uno spettacolo totalizzante che non pretende nemmeno l’attenzione di uno spettatore attento, la tranquillità di Bay nello stordirlo con effetti di subliminale impudicizia retorica è una tattica deliberatamente destabilizzante e per alcuni reazionaria. Lettura quest’ultima che sottende una facilità cui non mi voglio rassegnare.
La maggior parte dei blockbuster, come hanno dimostrato ultimamente le magre operazioni di Godzilla e Transcendence, sono fatti per essere dimenticati il giorno dopo. Nessuno specifico filmico, solo una confusa idea di spettacolo innestata su una narrazione del tutto convenzionale.
Con il cinema di Michael Bay questo non avviene. Ci si trova di fronte a qualcosa di molto più aggressivo e autentico: una spirale di autoerotismo tecno-ludico nel quale si entra con diffidenza e si esce con la consapevolezza di aver ricevuto un trauma cranico. Alla fine delle quasi tre ore avevo la testa che mi girava come un flipper, le funzioni cerebrali in uno stato di estatico stupore e raccapriccio, come in una strana sbornia dopo una bevuta di un liquore ad altissimo tasso alcolico. Avevo avuto la sensazione fisica di essere andato sulle montagne russe.
E’ uno stato mentale che può capitare. Transformers 4 fagocita un senso perpetuo per l’immaginifico digitale che può essere preso in due modi, a seconda del gusto dello spettatore: estasi o disgusto.
La trama conta fino ad un certo punto ed è condotta da Bay in modo egregio, senza alcuna sbavatura. Dopo aver incassato 3 miliardi e 200 milioni di dollari complessivi a fronte di un budget complessivo di 760 milioni, considerando l’intera quadrilogia, Michael Bay è diventato il Re Mida delle super produzioni di Hollywood, il suo cinema si può persino permettere di far passare davanti a occhi estasiati e sognanti una devastante operazione di marketing nemmeno tanto velata: infatti Bay inserisce tre spot pubblicitari in tre scene ben distinte: l’inquadratura di un cinese che sta fissando preoccupato l’avanzata dell’astronave deo robot nemici indossando in bella vista un paio di occhiali Gucci; nel bel mezzo di una delle tante devastanti scene di distruzione, all’interno di un quadro visivo dove si amalgamano umani, lamiere, colori sgargianti e scintille a non finire compaiono, quasi in successione il brand di Victoria’s Secret su un autobus che poi verrà distrutto e il brand di Tom Ford su un palazzo.
Questo è il modo che ha Michael Bay per dichiararsi perfettamente inserito in un contesto di merchandising che fa del sensualismo muscolare e della carnalità più estrema il suo motto estetico.
Con Transformers 4 continua l’impaginazione digitale di un’elegia della distruzione perpetua, dove al gioco teorico sull’eroe che deve salvare la Terra dall’assedio degli alieni, si aggiunge un surplus di rumori del tutto armonici che servono da comprimere l’audio per ricavarne un dedalo impazzito dove suono-movimento-carnalità muscolare-individualismo-sensualità partoriscono l’essenza più pura del cinema come macchina della morte al lavoro.
Michael Bay con Transformers 4 ha contribuito ancora una volta a lasciar decantare l’immagine per dedurne la sua immaterialità, la fusione tra carne e metallo genera l’ibrido di una forza del tutto compromessa con lo spettro della visione. Per questo si esce tramortiti dallo spettacolo, sicuri che l’attentato visivo si ripeterà alla prossima puntata. Ci vorrà coraggio per prendere parte ad un’altra devastazione.