Io sto con la sposa. Un titolo che è una presa di posizione, una dichiarazione di intenti e prima di tutto una decisione sociale, civile e umana.
Questa decisione la prendono Gabriele del Grande, Khaled Soliman al Nassiry e Antonio Augugliaro, registi e artefici di un piano che è una fuga verso la salvezza, il proseguimento di un cammino che 5 immigrati hanno intrapreso, partendo dal loro Paese in guerra, imbarcandosi in mezzi di fortuna, lottando per sopravvivere e trovando ad accoglierli un Paese che accoglierli non vuole.
Quello che spesso non si sa, però, è che quegli “stranieri che ci rubano il lavoro”, molto spesso, anzi, nella stragrande maggioranza dei casi, sbarca nelle nostre coste perchè le nostre coste sono le più vicine, e dopo aver rischiato la vita, dopo aver speso ogni risparmio, ha ancora lunghi chilometri a separarlo dalla sua meta.
Ma come se non bastasse essere sopravvissuti alla guerra e al mare, si deve lottare contro contrabbandieri ignobili, che a prezzi esorbitanti, non sempre li aiuta davvero, abbandonandoli magari in mezzo alle Alpi o ancora distanti da dove si erano accordati di arrivare.
E qui entrano in gioco i registi, decidendo di accompagnare loro stessi, senza spese, come gesto di umanità, 5 immigrati.
Ma come evitare controlli? Come evitare una pena che li porterebbe tutti alla prigione?
Inscenando un matrimonio, un corteo nuziale che deve attraversare l’Europa.
Perché chi mai potrebbe fermare una coppia di novelli sposi e i loro parenti?
Partono così da Milano, dividendosi in auto, scegliendo chi dovrà parlare, chi contattare per un’ospitalità, e passano per Ventimiglia, arrivano in Francia, poi toccherà a Lussemburgo e Germania, infine Copenaghen e poi la Svezia: 5 giorni per fare tutto, 5 giorni in cui fare i conti con un passato travagliato da cui si è dovuti fuggire, da un presente che mina ogni loro dignità e un futuro del tutto incerto, nelle mani di chi li vuole aiutare e proteggere.
La macchina da presa segue tutto questo, segue gli sfoghi di rabbia verso una politica che mette un prezzo e un limite alla libertà di un essere umano, segue la disperazione e l’angoscia per quei giorni in mare, per i morti visti e conosciuti che non si possono dimenticare, segue la gioia che scoppia, la festa non appena un po’ di calore umano e casalingo si crea.
Queste emozioni si trasmettono inevitabilmente allo spettatore, che si fa testimone di un’illegalità, di un documento che vuole smuovere le coscienze e lo spettatore stesso, facendo del cinema il veicolo di informazione, comunicazione e intrattenimento.
Ma lo spettatore è stato chiamato anche ad essere complice, grazie a una campagna di crowdfunding che ha permesso la realizzazione e la distribuzione del film, con 2.617 finanziatori privati che con piccole e grandi donazioni hanno reso possibile il tutto.
Io sto con la sposa è, infine, più di un documentario e più di una presa di posizione, perchè la scelta del tema nuziale è altamente scenografica, e le riprese, la fotografia durante i chilometri di questa testimonianza sono curati nella loro estetica, creando un perfetto mix di emozioni che va a ricordare la filmografia di Kusturica.
Ci si affeziona così a questi personaggi, si viene trascinati dal giovane rapper Manar Mc o dalle parole piene di intelligenza della sposa, e si finisce per ridere, si finisce in lacrime.
Questo documentario che è una dichiarazione e una testimonianza di intenti, si trasforma così in una testimonianza che è un piacere, oltre che un dovere, guardare.