Nel futuro la guerra alla criminalità viene gestita dalla società Omnicorp che utilizza robot dalle sembianze umane. Per espandersi nel mercato la società inserisce un uomo all'interno di una macchina, generando un RoboCop. Ma l'esperimento gli sfuggirà di mano.
Diretto da: José Padilha
Genere: fantascienza
Durata: 118'
Con: Joel Kinnaman, Abbie Cornish
Paese: USA
Anno: 2014
Aveva visto lungo Paul Verhoeven nel 1987 con il film cult RoboCop. Il regista olandese ipotizzava un futuro non troppo lontano all’epoca e molto vicino anzi vicinissimo al giorno d’oggi. L’utilizzo di droni per azioni militari è pratica quasi comune nei maggiori eserciti,soprattutto quello americano. E l’incipit di questo remake pare un passaggio di consegne tra se e il film degli anni ’80.
Siamo nel 2028 e in una Teheran ormai conquistata plotoni di robot assicurano l’ordine e la sicurezza. Scena di sicuro impatto(che si rivelerà poi la sequenza migliore di tutto il film), ma più che trovare una propria indipendenza all’interno della nuova opera sembra un omaggio o meglio una resa alla abilità visionaria di Verhoeven e della sua opera.
Affidato alla sapiente e solida regia di José Padilha vincitore nel 2008 dell’orso d’oro a Berlino con Tropa de Elite Gli squadroni della morte, il nuovo RoboCop prova a rilanciarsi presso il pubblico più giovane prendendosi la responsabilità di diventare potenziale reboot del franchise sul poliziotto metallico. Tutto è più lucido e splendente a partire dall’estetica dell’armatura del protagonista.
Sparita la pesante ma suggestiva corazza grigia a favore di una snella e luccicante tuta nera high-tech. Ma ovviamente se il problema fosse stato solo l’armatura si parlerebbe di tutt’altro film. Il problema è che si smussa ogni angolo buio della storia, ogni difficoltà è sorpassata e le tematiche più spinose vengono aggirate o ripetute così spesso da essere ovvie e quindi poco stimolanti.
L’originale oltre ad essere un geniale noir cyberpunk era un efficace ricostruzione di un’identità perduta unita a un discorso lucido e spietato sulla società americana e la sua ossessione per la sicurezza. Purtroppo questa versione di RoboCop cade nelle trappole più comuni a tutti i rifacimenti.
L’incapacità di aggiornarsi al contemporaneo soprattutto, nel caso specifico diventare un banale action poliziesco dove le multinazionali fanno la voce grossa e i media manipolano l’opinione pubblica (idea che già era presente nell’originale, ma in modo più ricercato).
Se l’Alex Murphy interpretato da Peter Weller viveva quasi come una condanna e una punizione il suo stato acquisito di uomo macchina, il Murphy del pur bravo Joel Kinnaman, subisce un processo di disumanizzazione progressivo, ma non teme mai seriamente per sé, dato che la parte umana esce sempre vincitrice e può convivere con l’altra metà robotica.
L’Alex Murphy di oggi è un padre di famiglia sentimentale con un’ armatura più moderna e molte certezze. E tra ritmo soporifero e violenza edulcorata troviamo l’ennesimo remake che si dimentica in fretta.