Alan Rickman, l’englishman per eccellenza, attore teatrale poliedrico ma conosciuto ai più giovani per la fortuna hollywoodiana di Harry Potter, dove prestava il volto all’algido Severus Piton, si cimenta nella sua seconda opera da regista con Le regole del caos, dopo The Winter Guest del lontano 1997. Attori anglofoni che giocano a fare i nobili francesi, tra intrighi di corte, sfarzosi abiti da cerimonia, confessioni intime di donne accondiscendenti. A rompere le regole del sistema in questa torre d’avorio l’intromissione di una donna, Sabine De Barra, orgogliosamente non nobile. La paesaggista che ha portato il caos nella corte è interpretata dalla giunonica e biondissima Premio Oscar Kate Winslet, sempre perfetta nei film in costume come negli inquietanti ambienti borghesi (da Titanic di Cameron a Carnage di Polanski).
La “giardiniera” Kate, con i suoi modi di fare crudi e affascinanti, riuscirà a ingraziarsi il Re Sole (lo stesso Rickman, in un ruolo pomposo e malinconico allo stesso tempo) e André Le Notre, l’ingegnerie del giardino reale. Spogliati i panni del gerarca nazista dal cuore tenero di Suite francese, l’attore Premio César 2013 come migliore promessa maschile, Matthias Schoenaerts, azzecca per l’ennesima volta la performance. Figlio d’ arte e con un matrimonio fallito, Le Notre interpreta bene la speranza con cui viene abbracciata la novità, la lotta alle costrizioni dell’ancien régime per dare una boccata d’aria fresca, ai giardini, prima, e alle vite dei suoi abitanti, dopo.
Espressione del classicismo barocco applicata all’arte dei giardini, con uno stile incentrato sulla simmetria e le proporzioni, decorazioni vegetali e statue, fontane e maestose prospettive che si perdono nelle foreste naturali. Piegare i capricci della natura a quelli del re, ricercando una perfezione formale che si integri con la sontuosità teatrale. Questo era il compito affidato a Miss De Barra. Il personaggio sofisticato di Philippe duca D’Orleans, elegante bisessuale ante litteram, amante di parrucche e giovani ragazzi deve la sua fortuna allo strabiliante Stanley Tucci (The Devil Wears Prada di David Frankel), figura secondaria e logorroica, ma fondamentale per immergersi nell’atmosfera di corte.
L’interpretazione passionale e popolana della Winslet nella scena girata in un frutteto, con il Re Sole in abiti comuni intento a rilassarsi, ne esemplifica la natura gioiosa del film: battute equilibrate che non suscitano mai lo sbadiglio, anche grazie agli intermezzi fulminanti di Filippo/Tucci, e l’intrecciarsi di due destini apparentemente agli antipodi, quello del re e della giardiniera, in una condizione di mutuo soccorso ricco di rispetto umano. Parte del successo del film è senza dubbio la fine fotografia del direttore Ellen Kuras, storica collaboratrice di Spike Lee, ma già incontrata, tra gli altri, in Blow di Ted Demme e Eternal Sunshine of the Spotless Mind di Michel Gondry.
La pellicola, basata sulla sceneggiatura di Alison Deegan, nel finale si perde in inutili flashback per sondare il passato della protagonista in senso anacronistico, e purtroppo fallisce in alcuni retroscena fangosi. Le regole del caos è una via di mezzo tra il romanzo sentimentale e un inno all’emancipazione femminile. La dicotomia profonda regna nel sottotesto del film e lo rende incantevolmente delicato, tra uomini in boccoli e calzamaglia e donne che piangono in segreto la prematura perdita dei figli.