Una coppia, Kelly e Mac, si è da poco trasferita in un nuovo quartiere, apparentemente tranquillo. Ma quando nei loro pressi si stabilisce una confraternita di universitari, capitanata dallo stravagante Teddy, inizierà una guerra spietata.
Diretto da: Nicholas Stoller
Genere: commedia
Durata: 97'
Con: Seth Rogen, Zac Efron
Paese: USA
Anno: 2014
Cattivi Vicini inizia là dove era arrivato Project X – Una Festa che Spacca (2012): dal proposito di celebrare la più grande festa della storia, quella che, superando tutte le precedenti, mantenga viva la propria memoria per i decenni a venire, in un tripudio narcisistico che è il rovescio della paura di crescere dei personaggi ormai consueti di Seth Rogen & C.
La proiezione delle logiche del teen movie (ma sarebbe il caso di parlare di party movie, rintracciandone gli antecedenti più o meno nobili per tutti gli anni 70 e 80, dal National Lampoon in giù) fino alle soglie della maturità e oltre, è un tratto caratteristico di molti film americani recenti: si noti per esempio quanto di adolescenziale persista nei personaggi di Enough Said, tutti ben al di là del limite non solo psicologico della quarantina; ma nella cerchia di Judd Apatow la tendenza acquista un rilievo prioritario e compositamente autoriale, come ben dimostrano Questi sono i 40 e Molto Incinta, dei quali Cattivi Vicini potrebbe tranquillamente essere ritenuto una sorta di spin-off.
Il continuo ritorno del timore di essere vecchi e superati, refrain che vorrebbe introdurre una nota patetica e che risulta a gioco lungo sinceramente fastidioso (oltre che un po’ fasullo e reazionario, diciamolo) è però superato con l’andare dei minuti.
Quando la confraternita Delta Psi guidata da Zac Efron – esplicito omaggio alla Delta-Tau-Chi di Animal House – persegue scientemente lo scopo della festa permanente, più esorcismo di morte che rito di passaggio, la decisione presa dalla coppia formata da Seth Rogen e Rose Byrne è del tutto conseguente. Malinconia del tempo che fugge o meno, alla guerra si risponde con la guerra.
Qui è lo scarto che fa di Cattivi Vicini un lavoro assai più interessante di Project X. Mentre quello si limitava ad aggiornare alla contemporaneità il topos della situazione che scappa di mano ad adolescenti nerd e con gli ormoni agitati (con modesta fantasia rispetto a film ottanteschi quali La Donna Esplosiva), questo lavoro prodotto dallo stesso Rogen e da Evan Goldberg riesce nell’intento di non disperdere il proprio potenziale in una serie di situazioni cinefile e autocompiaciute (pur presenti) come invece accadeva in Facciamola Finita (2013).
Giocando ironicamente su registri cartooneschi – si vedano l’esilarante gag degli airbag o il ghigno wilcoyotesco con cui Rose Byrne spara il razzo che, atterrando sulla macchina della polizia, mette fine alla contesa – Cattivi Vicini esplora in modo sistematico le possibili strategie e le manovre tattiche convogliandole in operazioni di stampo militare.
La denuncia all’autorità, la falsificazione propagandistica, l’infiltrazione di spie e la corruzione del campo nemico, la tecnica del divide et impera, le azioni di disturbo: nulla viene lasciato al caso e le battaglie tra le fazioni in guerra si susseguono senza sosta.
Ne viene un film che non cresce soltanto su se stesso e sul filo dei paradossi che mette in campo, ma genera un ricco assortimento di situazioni grottesche, a volte riuscite a volte meno, ma per fortuna più interne alla diegesi che affidate alla memoria cinematografica dello spettatore.
Cattivi Vicini ha però un altro momento importante. L’incontro finale slegato da tutto il resto in cui Rogen ed Efron a torso nudo non fanno che scambiarsi pacche sulle spalle, complimenti e battute da vecchi amici di college, è l’omologo della pisciata in compagnia di quando le ostilità non erano ancora iniziate. Come a ribadire che tutto è (stato) un gioco, una prova iniziatica, una tempesta in un bicchiere d’acqua.
Anche questo è molto indicativo di una certa sensibilità, di uno stadio della commedia giovanilista americana che, anziché arrivare alla fine della sua eterna adolescenza, si compiace di sé, generando quella che nei lavori della Apatow Factory è a tutti gli effetti una scaltra ma spesso superficiale mitografia.