The Last Exorcism Liberaci dal male

Dopo aver subito un traumatico esorcismo, Neil viene ricoverata in un istituto. Neil si convince del fatto che il demone Abalam di cui era posseduta non esiste. Neil cercherà di tornare alla normalità, ma senza successo.
    Diretto da: Ed Gass-Donnelly
    Genere: horror
    Durata: 88'
    Con: Ashley Bell, Julia Garner
    Paese: USA
    Anno: 2013
3.2

Ultimo non è, The Last Exorcism – Liberaci dal male di Ed Gass-Donnelly, sia per la possibilità di una trilogia, sia perché, a livello qualitativo, supera il predecessore di cui è sequel: L’ultimo esorcismo del tedesco Daniel Stamm. Che il passaggio dal titolo italiano a quello anglofono sia una damnatio memoriae?

Fortunato ai botteghini, il primo film, incentrato sulla figura dell’esorcista ciarlatano, Cotton (Patrick Fabian), era stato il classico found footage di riciclo, con interminabili passaggi a vuoto e campagna pubblicitaria scandalistica: un’operazione commerciale diabolica, in cui la trovata della lost tape pareva uno dei tanti “buoni sconto” sul budget di produzione.
Il canadese Gass-Donnelly, deo gratias, anzi, deontologia gratias, rinuncia alle furbizie del formato e si concentra sulle nequizie dell’horror vecchia scuola, facendo della protagonista Nell (magnifica malefica, Ashley Bell) una giovane vecchia, costretta precocemente a confrontarsi con la vita e con il sesso (con un demone). Dall’amen mancato del primo film, congedatosi con un sabba ed una decapitazione, prende le mosse The Last Exorcism – Liberaci dal male: un recap di circostanza, ed una stanza che diventa circo degli orrori.
Un interno che spira malvagità, brividi sulla spina dorsale di due innamoratini addormentati, la percezione di un mostruoso intruso, una breve caccia ed una carrellata laterale ossessivamente lenta che svela l’immagine raccapricciante della ragazzetta bestiale rannicchiata nell’angolo di un mobile da cucina. In 3 minuti, più roba che nell’intero film precedente, fatto di sgranature della macchina da presa e sfilacciature dello script.
Poi, il coming of age di Nell, agevolato da un corteggiatore d’eccezione: il demone Abalam. Reinserita nella comunità sociale, dopo l’isolamento adolescenziale (vedasi il primo film), nella casa di accoglienza a New Orleans Nell fa le prime amicizie femminili, a cui aggiunge un’“amicizia” maschile: ma i bollori ormonali si alternano ai tizzoni infernali, nelle levitazioni notturne prodotte dal diavolaccio che le fa stalking di giorno, anche al telefono, e solleva pruriti di notte.
Nell’incentrare il film su Ashley Bell e sulla rottura del tabù sessuale, Gass-Donnelly ha buon gioco in una doppia direzione: da un lato, cura gli ambienti predisponendoli come trappole infernali disseminate di comparse ambigue (le maschere dell’inquietante parata a New Orleans), con tanto di fauna demoniaca (gli insetti e gli uccelli) e messaggeri a fare da avvocati del diavolo; dall’altro, coerentemente col proprio background drammatico (si vedano This Beautiful City, premiere a Toronto 2007, e Small Town Murder Songs, premio Fipresci a Torino nel 2010), scruta le reazioni di Nell, coadiuvato dall’ottima interpretazione di Ashley tipo Hell’s Bell, sicché basta riprendere la ragazza allo specchio che scopre se stessa per trapassare dall’inferno esteriore al limbo di un’interiorità complessa.
Per il resto, in questo para-Rosemary’s Baby con nastro rosso a New Orleans, l’effettistica non ricade in effettacci, dispensando un poltergeist post-seduta spiritca, uccelli contro le vetrate e qualche pagina della Bibbia del savoir-faire dell’orrore artigiano, tra carrellate in avanti, zoomate lente, improvvise accelerazioni, ma soprattutto un uso intelligente dell’immagine latente: la tensione, anche erotica, sembra risiedere sempre fuori campo, in un girone prossimo che alita l’anelito di possessione e la promessa di un destino ineludibile.
Si aggiunga un finale apocalittico, con riprese da videogioco di ruolo con sterzate e controsterzate, contraltare fisico e visivo della subitanea svolta interiore di Nell: e l’esorcismo (della mediocrità del primo film) è servito.

A proposito dell'autore

Avatar photo

Professore di storia dell'arte e giornalista pubblicista, professa pubblicamente il suo amore per l'arte e per il cinema. D'arte ha scritto per Artribune, Lobodilattice, Artslife ed il trimestrale KunstArte, mentre sul cinema, oltre a una miriade di avventure (in corso) da free lance, cura una rubrica sul quotidiano "Cronache di Salerno" ed in radio per "Radio Stereo 5".