Gon Baosen, Grande Maestro di Arti Marziali, dà l'addio alla sua carica in una solenne cerimonia. Ip Man potrebbe prendere il suo posto.
Diretto da: Wong Kar Wai
Genere: azione, storico
Durata: 130'
Con: Zhang Ziyi, Tony Leung
Paese: HONG KONG, CHI
Anno: 2013
The Grandmaster (2013) di Wong Kar Wai assomiglia più all’elegia di un tempo perduto che non alla riaffermazione di un’autorialità che sembrava smarrita nell’ultimo film del regista di Hong Kong Un bacio romantico (My Blueberry Nights,2008).
L’autore di In The Mood For Love (2000) si diverte a disseminare indizi della sua precedente filmografia fin dall’inizio, attraverso ralenti, colonna sonora sinuosa che costantemente accompagna ogni coreografia.
Ma c’è dell’altro, perché The Grandmaster risulta un wuxiapian che ricolloca il gioco dei balletti stile Matrix (1999) in una cornice ben più ampia, attraverso la quale rivedere (o vedere per la prima volta, come capiterà allo spettatore occidentale che nulla sa della Storia nella storia che Wong sta raccontando) le solitudini dei due personaggi (la coppia Tony Leung Zhang Ziyi, perfettamente collocata nel quadro temporale degli eventi), che si sfidano, si amano, si perdono e si ritrovano nella disputa di un congegno narrativo che li include e li esclude dai grandi sconvolgimenti della Storia.
Ma c’è dell’altro, perché The Grandmaster risulta un wuxiapian che ricolloca il gioco dei balletti stile Matrix (1999) in una cornice ben più ampia, attraverso la quale rivedere (o vedere per la prima volta, come capiterà allo spettatore occidentale che nulla sa della Storia nella storia che Wong sta raccontando) le solitudini dei due personaggi (la coppia Tony Leung Zhang Ziyi, perfettamente collocata nel quadro temporale degli eventi), che si sfidano, si amano, si perdono e si ritrovano nella disputa di un congegno narrativo che li include e li esclude dai grandi sconvolgimenti della Storia.
Wong ammalia nuovamente con il suo cinema dal respiro epico e atemporale, torna a sorprendere lo spettatore con una nuova epopea, se possibile ancora più intricata rispetto alla sua ultima produzione targata Hong Kong-Cina, 2046 (2004), dove veniva svolto il nodo aulico di una fiammante semantica mélo, all’interno di un contesto di fantascienza, in cui la finzione era più vera della realtà, dove l’irrealtà onirica vinceva sull’immagine che i personaggi avevano del sogno che stavano vivendo.
The Grandmaster è la riscrittura viscontiana della Storia, un’inesauribile bacino di immagini fiammeggianti, condensate in uno stile che intende cristallizzarsi in una retorica che allacci il nervo ottico alla sospensione di un cinema mai domo.
La messa in scena di The Grandmaster è sorvegliata, composta, si delinea senza alcun sotterfugio. Quello di Wong è un film semplice e complicatissimo. Solo i grandi cineasti riescono a far apparire semplice una costruzione estetica dominata dal caos e dalle traiettorie sempre variabili e multiformi.
Wong dipinge con la mdp, come un pittore che usa lo schermo alla stregua di una tavolozza cromatica questo suo ultimo film appare molto oscuro, perennemente bagnato, pieno di movimenti oscillatori e repentini che rivolgono verso il suo autore una statura mitica che sarà difficile togliergli.