Virgil Oldman è un antiquario di grande esperienza. Un giorno riceve un incarico da una misteriosa ragazza, Claire, erede di una ricca famiglia.
Diretto da: Giuseppe Tornatore
Genere: thriller
Durata: 124'
Con: Geoffrey Rush, Sylvia Hoeks
Paese: ITA
Anno: 2013
Da quanto tempo Giuseppe Tornatore non lavorava ad un film con un cast internazionale? Forse dai tempi di Una Pura Formalità del 1994 con Gerard Depardieu e Roman Polanski.
In seguito il regista siciliano si è prodotto nei più fulgidi esempi di manierismo autoriale all’italiana, con La leggenda del pianista sull’oceano, Malena e Baaria. In mezzo un altro thriller come La Sconosciuta.
La Migliore Offerta potrebbe essere (sperando che il regista continui su questa fortunata linea) il primo film di Tornatore. Il suo vero esordio. Tutto in questo film sembra perfezionarsi fino ad una strana verginità d’autore. Francamente tutto avrei pensato in questa annata, che di mettermi a fare l’elogio di un regista super bistrattato come Tornatore, forse più amato all’estero che in Italia.
Ma il respiro de La Migliore Offerta è ben diverso da quello che si era notato precedentemente, nella filmografia del regista. Quest’ultima è un’opera malata, compromessa, curata fino ai minimi dettagli.
Un’opera al nero, calibrata e quasi timida nelle proprie imperfezioni. Ma quali imperfezioni danno la cifra di uno stile che si amplia fino all’inconscio dello spettatore?
Tornatore opera un gioco/giogo che si sviluppa denso e finalmente mai chiaro, un gioco mostruoso in cui si ritrova la fiamma kafkiana del cinema di Polanski.
Ma Tornatore non è un regista avvezzo alle citazioni, ne La Migliore Offerta c’è l’aria di una sulfurea androgenesi del dubbio che porta la scena a chiarificarsi come subdolo inganno e perpetrare la grandezza dei personaggi ben oltre lo schermo.
Lo schermo vive un vita interna alla visione e Tornatore ne mostra i limiti e le cesoie, firmando un sonnambulismo della messa in scena che porta lo spettatore ad identificarsi con i drammi della ragazza protagonista.
Un doppio femminino disposto all’artefazione, alla misurazione del terrore. Mica male. Tornatore non era mai riuscito in tale sberleffo. Ricordo di aver sonnecchiato davanti a tutto il nuovo cinema americano autoriale dell’ultima stagione, Tarantino e Zemeckis sopra tutti. Ma nel caso de La Migliore Offerta ho tremato, come spettatore e come critico.
Nulla al mondo può far più paura di una lente d’ingrandimento sul reale che ne modifichi il senso. Tornatore sorpassa il guado del surrealismo e imbastisce un discorso perdurante sulla follia, sul rendiconto all’oltre tomba.
In pochi riescono a catturare il germe di una proliferazione sincronica sulla mutazione del visibile, il regista siciliano c’è riuscito contro tutti i pronostici di questo mondo.
La critica non ha capito, non capirà l’importanza epidermica di questo film, la sua sostanza mutevole, la sua peregrinazione sempre duplice e anodina, la sua smodata carica di artificiale bellezza.