Arturo è un ragazzino che nasce a Palermo lo stesso giorno in cui il mafioso Vito Ciancimino viene eletto sindaco del capoluogo siciliano. Egli nutre speranze di giustizia contro la mafia nella figura di Giulio Andreotti, ma questa verrà spezzata nel 1992, anno dei due attentati terroristico-mafiosi a Falcone e Borsellino.
Diretto da: Pierfrancesco Diliberto
Genere: commedia
Durata: 90'
Con: Cristiana Capotondi, Pierfrancesco Diliberto
Paese: ITA
Anno: 2013
La mafia uccide solo d’estate è un film di Pierfrancesco Diliberto, ( in arte Pif), interpretato da Cristiana Capotondi, Pif, Ginevra Antona, Alex Bisconti e Claudio Gioé; un prodotto in cui attraverso l’ironia si raccontano i tragici avvenimenti storici.
C’è modo e modo di narrare gli anni che hanno visto protagoniste la Sicilia e la mafia. Su uno sfondo difficilmente digeribile, ma che prende il nome di Storia, c’è un racconto d’amore; e non è detto che plot e sub plot, non possano mai incontrarsi.
Arturo è un bambino che sin dalle elementari si innamora di una compagna di classe, Flora. Ha un sogno: diventare giornalista. Non è un caso che la sua prima parola sia stata proprio “Mafia”.
Sono gli anni difficili di Rocco Chinnici, del Generale Dalla Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; sono gli anni di Provenzano, Riina e Badalamenti. Un periodo storico in cui morti e feriti, esplosioni e minacce erano all’ordine del giorno.
In questo contesto Arturo prova con tutte le sue forze a conquistare Flora, da un lato, e la sua affermazione professionale, dall’altro. Si è goffi e impacciati, all’inizio, ma poi con l’esperienza si acquista disinvoltura e abilità. Bisogna avere determinazione, in entrambi i campi; ma nel giornalismo è necessario che le fonti siano attendibili.
Il bambino, avente per guru Andreotti e credendo ciecamente nelle sue parole, inizia le interviste proprio con il Generale Dalla Chiesa, che pochi mesi dopo perirà.
La prima domanda, motivo di rimpianto successivamente, fu: “L’Onorevole Andreotti dice che l‘emergenza criminalità è in Campania e in Calabria; Generale ha forse sbagliato regione?”. Arturo ha capito solo in seguito il senso di questa affermazione e di quanto sia stata dubbia la veridicità delle parole del suo “mito”.
Da piccoli tutti abbiamo idoli, sogniamo, costruiamo pensieri e voliamo con la fantasia; ma con gli anni tutto assume un peso e una forma diversa, purtroppo. La realtà non è mai bella come quella vista con gli occhi di un bambino e Arturo se ne accorgerà presto.
È lo stesso Pif a guidarci nel film, che si confonde tra documentario e fiction continuamente, è la sua testimonianza diretta caratterizzata da una forte vena ironica, utile a raccontare ciò che ha in realtà provocato ferite profonde e indelebili.
E non è un caso: l’ironia è la migliore arma per decostruire e denunciare qualcosa, ma anche per far riflettere. Sarà egli stesso a guidare le nuove generazioni in un calvario dove nomi, statue e memorie riecheggiano continuamente; porterà in braccio e poi per mano suo figlio, e ad ogni passo ci sarà un momento in cui la Storia, e i personaggi veramente esistiti, hanno dato valore e dignità a quella terra natia: alla sua Sicilia.