Brutta storia se al mattino, già storditi dalla sbronza, ti servono la notizia che la tua ragazza è morta. Peggio, poi, se ti risvegli macchiato di sangue nei pressi del luogo del delitto. Succede a Ig Perrish (Daniel Radcliffe) con un’ulteriore complicazione – anzi due: di lì a poco gli spunta in fronte un paio di diaboliche corna. Lui è fermamente convinto di essere innocente, nonostante l’ostilità degli altri. Il problema è che il nuovo aspetto lo convince anche di essere cattivo, o quanto meno di fare il bad boy per scoprire chi abbia spezzato il suo sogno d’amore.
Horns di Alexandre Aja segna il ritorno del regista di Alta tensione e del remake de Le colline hanno gli occhi, ancora nel genere che lo ha consegnato alla notorietà nonostante l’alterna fortuna dei risultati. Di alternanze in “Horns” ce ne sono fin troppe, secondo un rischio consapevolmente assunto. Il film, che già complica l’intreccio tra flashback e flashforward, si afferma con una mistione di toni audace, ma non sempre amalgamata. Più ondivago del romanzo di Joe Hill da cui è tratto, si sviluppa come un thriller soprannaturale venato di umorismo dark (anche troppo), religiosità da fumetto e vagheggiamenti romantici.
L’immagine più calzante di questa sfuggente andatura è proprio negli slittamenti interni al set: dal sapore urbano del localino al neon si passa disinvoltamente alle casette sugli alberi ed ai segreti dei boschi, con un’atmosfera che tende a virare sulla fiaba gotica (come conferma, tutto sommato, la centralità della questione sentimentale) ed a cui lo splatter, con effetti a tratti orribili (nel senso deteriore), sembra giustapposto in coda per senso del dovere.
Il risultato è quello di una pellicola che partendo da un’idea progressista – forzare i limiti del genere, valorizzare uno spunto originale – finisce per inclinare alla più conservativa delle tendenze attuali: il fantasy young adult. La faccia d’angelo\diavolo di Radcliffe, in questo senso, contribuisce non poco ad alimentare la sensazione, per quanto sia lo stesso interprete, in fin dei conti, a tenere a galla la bizzarra baracca con le proprie sofferte crisi d’identità. Più corrosivo che spaventoso e non sempre fedele alle premesse, Horns di Alexandre Aja è dunque un pot-pourri sulfureo, la cui audace mescolanza potrà piacere agli assaggiatori che ricercano gusti stravaganti, ma che resta un’irrisolta ricetta.