Nelle sale italiane è uscito l’ultimo film del regista, sceneggiatore e produttore Pedro Almodóvar, il cui titolo, tradotto in italiano, risulta essere Gli amanti passeggeri.
Riprendendo il filo di un discorso esplicito del 2004 con La mala educatión, l’autore mostra come sul volo 2549 della compagnia Peninsula, diretto a Città del Messico, si sia verificato un viaggio surreale e alquanto imbarazzante. Noti i protagonisti delle sue opere, fino a questo momento sempre raffinate ed elogiabili, introspettive e dal ritratto psicologico ben marcato.
Le vittime di questa (dis)avventura, eterosessuali, omosessuali o bi-sex che siano, sembra abbiano poco da raccontare, se si esclude un desiderio incontrollabile di manifestare le proprie pulsioni sessuali e poter godere di attimi di felicità, o eccitazione.
Come se il regista volesse dare rilievo a quanto l’essere umano sia se stesso e si liberi delle sue sovrastrutture solo durante il pensiero del rapporto fisico o l’atto in sè. In vino veritas dicevano i proverbi di saggi uomini di un tempo ed è proprio questa l’altra faccia della medaglia di una società che sembra essere misteriosa e discreta, quanto talvolta ipocrita e libertina.
Un dolce e grottesco convivium facilitato dall’uso di tequila e vodka, droghe e pasticche, in cui ci si dimentica che prima di salire su quell’aereo si era una coppia di sposi novelli e drogati, un finanziere ricercato, un killer professionista, una donna del gossip o una rabdomante.
Il regista ha sempre voluto raccontare realtà marginali della società, come le relazioni sessuali tra persone del medesimo o dissimile sesso, come l’immagine della donna, il travestimento, la voglia di essere altro da sè. Oggi banalmente racconta una storia di persone costrette a condividere ore con estranei mentre l’aereo continua a tracciare la sua rotta seguendo una forma circolare e aspettando un aeroporto che lo accolga.
E non è un caso che l’aereo non atterri, così come non è casuale il girare su se stesso senza tregua e senza speranza: in una società chiusa, senza il coraggio o la voglia di decollare e solo capace di guardarsi indietro effettivamente è difficile trovare un punto da cui ripartire o in cui fermarsi. Come un cane che si morde la coda o una persona incapace di guardare oltre il proprio naso, fin quando non si trovi obbligato ad affrontarsi.
Ma il tempo a disposizione è sempre esiguo: si atterra, si ritorna nel vecchio e complesso mondo e tutto sembra essere invariato, quanto scontato. Una critica alla propria contemporaneità che riporta la mente al film L’Angelo Sterminatore di Luis Buñuel: ancora una volta vittima e canefice coincidono e non hanno stimoli, probabilmente, per migliorare la condizione individuale e/o collettiva.