Elysium

Futuro, 2154. A Los Angeles un operaio subisce un grave incidente e rimane esposto alle radiazioni. Ha quattro giorni di vita. La sua unica speranza è andare su Elysium, un pianeta dove si può curare qualsiasi malattia.
    Diretto da: Neill Blomkamp
    Genere: fantascienza
    Durata: 109'
    Con: Matt Damon, Jodie Foster
    Paese: USA
    Anno: 2013
5.8

Come un concentrato di adrenalina teorica, Elysium (2013) di Neill Blomkamp parte dal presupposto che tutto nel cinema di fantascienza blockbuster sia ormai stato già scritto e digerito.

Elysium ribadisce il concept del precedente film di Blomkamp, District 9 (2009), relativo ad una concezione della fantascienza politica mischiata allo spettacolarismo degno del più normale dei film fracassoni di Hollywood.
Due sono i punti in comune tra le due produzioni: l’originalità della storia. Narrazioni serrate con contenuti avveniristici che sfruttano in senso spettacolare tutto il potenziale sovversivo di personaggi, ambientazioni e le conseguenti detonazioni di corse contro il tempo.
Un tipo di fantascienza francamente onesta, che parte da prospettive “alte”, per poi lasciare che lo scontro tra bene e male si concateni nella più canonica delle battaglie finali.
Elysium mette in scena temi esplicitamente obamiani, parlando in sostanza della riforma della sanità che il Presidente USA aveva ideato fin dal suo primo mandato.
Sul Pianeta Terra si muore per mancanza di assistenza sanitaria, per povertà e denutrizione. Su Elysium vige uno stile di vita simile a quello occidentale, ricchezza sfrenata, lusso e una tecnologia avanzatissima che consente di curare qualsiasi tipo di malattia.
Ad Elysium gli abitanti della Terra, operai e delinquenti, non possono entrare con le loro navicelle, perché grazie ad un Piano di Difesa degno di Goebbels, ideato dalla perfida Delacourt/Jodie Foster, c’è una polizia che sorveglia attentamente ogni movimento degli “stranieri” sul radar.
Costruendo questa netta dicotomia, la fantascienza di Blompkamp parte da un binario chiarissimo e in parte deve scontare una tendenza che lo porta a girare un film dove il pubblico sarà propenso a considerare nemici gli abitanti di Elysium e a “tifare” per i buoni, i poveracci del Pianeta Terra.
E’ così che, pur essendo l’opera di Blomkamp estremamente originale, quasi fosse una postilla di Wall-E (2008, il film d’animazione Pixar, osannato per le sue inclinazioni pacifiste ed anti-imperialiste), riesce a salvarsi dall’ovvia morale grazie all’impianto spettacolare.
Nella prima parte Matt Damon è re indiscusso dell’action, trasformandosi in un RoboCop ante litteram, in una vicenda che viene narrata con una velocità straordinaria, in cui Blomkamp non si preoccupa minimamente di mostrare differenze/analogie e storie pregresse e parallele tra il “pianeta di sotto”, la Terra, e la “struttura di sopra”, Elysium, ma esplicita questo gioco tra il sotto e il sopra, nella corsa contro il tempo di un disperato viaggio verso Elysium, essendo il protagonista affetto di gravi conseguenze dopo l’esposizione a radiazioni.
E’ una fantascienza troppo veloce, troppo adrenalinica per non dare il sospetto di un avvallo alle ferree leggi hollywoodiane del box office.
Blomkamp è passato dai 30 milioni di District 9 ai 115 milioni di Elysium, con a disposizione un comparto di Star che nell’opera precedente non aveva.
Questo era un film che doveva incassare e ha portato a termine l’impresa nel migliore dei modi.
Diventerà un classico tra 10 anni? Sarà, forse. C’è differenza rispetto alla fantascienza ultra finta di Avatar (2009) di James Cameron e anche rispetto alle ambiguità di Oblivion (2013), film diretto con sorprendente mano ferma da parte del giovane Kosinski.
Ma è tanto complicato per i registi che lavorano oggi a Hollywood fare un film che non sembri un videogioco? A quanto pare sì, perché anche Blomkamp è caduto nel tranello e la seconda parte di Elysium ne è una triste conferma.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).