Messico. Tempo presente. Una famiglia con due figli piccoli ha problemi di convivenza. Il marito Juan sfoga la sua aggressività sui cani. Mentre sono fuori per un viaggio, i ladri svaligiano la loro casa.
Diretto da: Carlos Reygadas
Genere: sperimentale
Durata: 115'
Con: Adolfo Jimenez Castro, Nathalia Acevedo
Paese: MEX, FRA
Anno: 2012
6.9
La furia dei critici, dei giornalisti e, in parte, del pubblico, ma solo in parte, davanti a un’opera come Post Tenebras Lux del messicano CarlosReygadas errabonda d’influssi cinematici fuori controllo non si dimentica. Rimane forse come una lapide sulla critica bigotta, sull’incapacità di vedere oltre la struttura sgrammaticata di un’operazione di singificanza ieratica che si concede il lusso di una struttura ripartita come un sogno.
Il messicano Reyagdas con Post tenebras Lux intende allargare gli orizzonti della visione, come ha già fatto in modo più hollywoodiano ma altrettanto efficace Ang Lee nel suo magnifico Vita di Pi (2012), lasciando che sia il territorio della visione interiore a prendere il largo.
Post Tenebras Lux assomiglia per certi versi ad Antichrist (2009) di Lars Von Trier, ma ha l’intelligenza di prendersi molto meno sul serio. Von Trier va a discerne del bene e del male, di eros e thanatos, di istallare la violenza nella grazia, di prendere la strada della follia senza alcun ritegno morale.
Reygadas è più pacato, calmo, si prende il suo tempo, assumendo una struttura scomposta (quasi fosse un Mulholland Dr. più povero), con una fotografia geniale perché rende sfocata l’immagine ai lati, facendo così assorbire l’essenza della drammaturgia immaginifica allo spettatore.
Reygadas fa un cinema onnivoro, in perenne movimento (ma senza colpi sotto la cintola come fa Von Trier), senza un centro logico (come Lynch ma senza un artificioso brand autoriale da spacciare per cinema intonso e comunque vivo), lo spettatore viene chiamato a ricomporre i tasselli del puzzle all’interno di una memoria fatta di frammenti e schegge messe in scena “a lavorazione lenta”, perché predisposte per assottigliarsi nella memoria in maniera leggera, senza imposizioni dall’alto, come avrebbe fatto in modo luciferino (e forse anche in modo reazionario, come si vede in Dogville (2003), vera e propria apologia del ritorno all’ordine precostituito) Von Trier.
In Post Tenebras Lux si parla di opera d’arte sui generis perché il suo autore predilige un lavoro d’ambientazione fuori cal comune, quasi si stesse ad assistere ad un documentario su una natura selvaggia, herzoghiana, in cui i personaggi si muovono come spettri che attendono un giudizio che non arriverà mai.
La visione di quest’opera così multiforme preclude una comprensione che non avrebbe comunque senso chiedere, perché non si avrebbe voglia nemmeno di una spiegazione di un sonetto di Leopardi o di una composizione affilata di Emily Dickinson. La regia di Reygadas propende per un percorso di rimandi eterodossi, attuando la ricerca di un cinema che si fa largo attraverso soluzioni artificiose e del tutto strabilianti, come nelle sequenze inarrivabili, per stupore, senso del grottesco, in cui compare il Diavolo rosso fuoco che illumina la scena di una casa moderna, in cui non si sa cosa stia succedendo, forse una atto peccaminoso, forse qualcos’altro di indicibile, non si saprà mai, ma la presenza rosso intenso del Diavolo caprino mette in guardia e suggerisce fatti inenarrabili.
Si va dal ridicolo al mostruoso e bisogna ammettere che la visione suscita un moto di inedita partecipazione verso una relazione con l’ignoto che non era mai stata così intensa. Ogni tanto si può anche sperare di poter assistere a qualcosa di mai visto. Insieme al capolavoro di Tornatore, La Migliore Offerta (2012), Reygadas regala contro tutto e tutti, il suo capolavoro sul Diavolo caprino, come se fosse proprio la sua sagoma a far avvenire tutte le cose più strane che avvengono in questo stranissimo e magnifico film.
Così Lars Von Trier non sarà più l’unico ad avere il copyright, l’esclusiva sui film malati e strani. Era ora.
Come postilla il sottoscritto si congratula con il Cinema Melies di Perugia, per aver avuto l’onore di vedere il film in pellicola. La differenza sembra minima ma non lo è, l’audio è molto potente e la fotografia molto particolare viene saturata di colori. Forse avrei detto la stessa cosa anche con una proiezione digitale. Ma la sensazione è di aver assistito a qualcosa di irripetibile.
Tra la follia di Reygadas e la visione in pellicola c’è un nesso molto forte, come una congiuntura tra due punti differenti dello spazio, qualcosa per cui vale ancora la pena andare al cinema.
Per avere l’impressione di assistere ad un universo forse incontaminato a perduto.