Marion e Mingus sono una coppia che vive a New York con i rispettivi figlio e figlia avuti da precedenti relazioni. Quando arrivano i parenti di Marion da Parigi, la tranquilla quotidianità del ménage familiare verrà rotta.
Diretto da: Julie Delpy
Genere: commedia
Durata: 96'
Con: Julie Delpy, Chris Rock
Paese: FRA, GER
Anno: 2012
Marion e suo figlio (avuto da un precedente rapporto) vivono a New York con Mingus, nuovo compagno di Marion e la figlia di lui. La loro quotidianità viene stravolta dall’arrivo da Parigi della famiglia della ragazza.
Famosa per la trilogia diretta da Richard Linkater (Before sunrise, Before sunset, Before Midnight), con 2 Giorni a New York, l’attrice Julie Delpy torna nel ruolo da regista per il sequel della commedia del 2007, 2 Giorni a Parigi. Scegliendo di assumere il totale controllo creativo della pellicola, essendo contemporaneamente regista, sceneggiatrice e attrice la Delpy opta per un’ idea di cinema semplice, che si compone di leggerezza narrativa e irriverenza attraverso i dialoghi. Caratteristiche che si potevano trovare nel riuscito film precedente, ma che in questo sequel non vengono replicate.
La sceneggiatura è fin troppo esile, priva di una struttura capace di reggere una pellicola di 95 minuti che diventa da subito noiosa e prevedibile, non trasmettendo alcuna passione per la storia raccontata.
Un film che si trascina stanco su se stesso, paradossalmente pesante, nonostante si tratti di una commedia indie che si impegna nel far interessare lo spettatore su eventi alqunto vacui. Colpa anche di un cast svogliato, meno coinvolto dello stesso pubblico. Una povertà di brio che si evidenzia nelle battute e nelle caratteristiche dei personaggi.
Tutto l’umorismo è basato sulle differenze ambientali e culturali tra lo scontro di due nazioni. I libertini membri della famiglia di Marion, parigini fissati con sesso, cibo e droga (seppur leggera) contrapposti alla compostezza ed eleganza newyorchese di Mingus e della franco-amerciana Marion, che verrà scossa e presa d’assalto dai modi poco garbati della sua famiglia.
Unico momento d’anarchia in un film altrimenti sciattissimo e il cameo di Vincent Gallo nel ruolo di se stesso, che acquista l’anima della protagonista che lei stessa aveva messo in vendita. Una sequenza che poteva portare una qualche profondità alla pellicola che però finisce nella completa banalità del contesto.
Nulla da segnalare quindi, perché le battute hanno il sapore del deja-vu e lo stereotipo è una parola che bussa spesso alla porta. E seguendo noiosamente lo schema presentazione dei personaggi, rottura delle fabula e inizo della trama, con risoluzione conclusiva dei problemi, in cui alla fine tutto torna al suo posto, 2 giorni a New York si muove a passo lentissimo, tra uno sbadiglio e varie occhiate all’orologio.