L'odissea di Solomon Northup negli Stati Uniti del 1841: musicista di talento, viene drogato, rapito e venduto come schiavo nel Sud. Dopo aver inanellato umiliazioni per 12 anni, la sua unica speranza risiede nell'arrivo dell'abolizionista Bass.
Diretto da: Steve McQueen
Genere: drammatico
Durata: 134'
Con: Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender
Paese: USA, UK
Anno: 2013
Arrivato alla terza prova come regista dopo l’acclamato Hunger (2008) e il controverso Shame (2011), il 44enne inglese d’origine caraibica Steve McQueen con 12 Anni Schiavo (12 Years a Slave) sembra non aver intenzione di perdere la caratteristica di chi con il proprio cinema punta a scuotere e provocare.
Tratto da una storia vera (ormai immancabile il relativo cartello sui titoli di testa o di coda delle produzione hollywoodiane), 12 Anni Schiavo ha le carte in regola per incamerare qualche statuetta alla prossima edizione degli Oscar tra poche settimane.
La parabola del nero libero rapito e ridotto in schiavitù tentando di spezzarne la resistenza psicologica è in apparenza pienamente coerente con l’ispirazione del regista di Hunger. Ma la sostanza del film mette insieme immagini e movimenti di macchina di per sé impeccabili con un racconto che non sembra in grado di andare oltre la superficie.
Le percosse e le frustate degli schiavisti bianchi, più che incidere nella coscienza degli spettatori, rivelano i limiti ideologici dell’operazione: che ha l’aspetto della più classica delle prediche ai convertiti.
McQueen in effetti si comporta da videoartista quale è, il suo film mostra con indubbia magniloquenza, ma è incapace di un punto di vista originale. In altri termini, guardando 12 Anni Schiavo si ha la sensazione che non ci sia nulla oltre quello che si vede. Ossia oltre due ore di scene e composizioni del quadro formalmente ineccepibili spesso ai limiti della belluria gratuita e un peana contro lo schiavismo che si ferma alla classica indignazione, senza provocare nessuno se non le anime candide e pie.
Altro che la capacità di infilare il bisturi nelle piaghe della storia rompendo la lettura univoca dei fatti dimostrata in Hunger: qui McQueen ha più che altro da fare a rassicurare i benpensanti che il loro rifiuto di ogni abuso dell’uomo sull’uomo nella sua forma più arcaica e terribile (ma in fondo banale, come l’aberrante logica del diritto di proprietà all’origine dello schiavismo) si fonda sulla verificabilità razionale dei fatti storici.
E introducendo anche personaggi bianchi “buoni” come quello di Brad Pitt presta il fianco ad una correttezza politica che gli garantisce senz’altro il plauso dei “progressisti”, ma lascia una sensazione di irritante inutilità e di irrilevanza del suo film.
12 Anni Schiavo è soprattutto un film che punta su temi forti per far parlare di sé (e forse anche per ingolosire l’Academy), ma non ha un punto di vista che vada oltre la risciacquatura di idee e contenuti già affrontati.